Appunti di Stefano Giaccone per un intervento pubblico

IDEE FORZA

1) musica come cultura/comunicazione
2) cancellare l’arte/l’artista/il musicista come manifestazione della divisione del lavoro, come sfruttamento, come informazione
3) musica antagonista a partire dal suo agire antagonista
passaggio successivo e più avanzato rispetto alla “adesione poetica” all’antagonismo. Agire come pratica interna/esterna del gruppo.
4) socializzazione/scuola rendere il tutto chiaro, spiegare dare gli strumenti, auto-organizzare l’educazione tecnico-politica dell’uso musicale
5) musica-carriera-individualismo-denaro-comunità-lotta-cultura-denaro-comunità
6) critica delle merce disco, foto, concerto

La ristrutturazione del capitale procede verso l’innervamento sempre più profondo di una rete informatizzata di controllo e diffusione. Informazione presuppone un emittente e un ricevente passivo (poiché non può intervenire – non conosce i codici – se vuole farlo deve essere omologato. Contrapporre a questo processo lo scambio comunicativo: creazione di una propria rete di diffusione ma anche un modo di fare dove i meccanismi alle spalle siano chiari, contro la “misteriosità” e la setta degli artisti. La comunicazione presuppone due individui attivi ma la cosa può funzionare solo dentro una comunità sociale e non

informatica (che significa razionalizzazione della logica dello sfruttamento)

Il tempo di non-lavoro (lavoro in senso stretto) diviene terreno di accumulazione capitalistica, dove si reclamizzano e si spacciano merci (alcune di recente ingresso). Ogni fruizione (e il suo modo) divengono merci omologate. Per contrapporsi bisogna sradicare e centrare la radice e ribaltare il senso stesso dell’accumulazione e della finzione accademica dell’arte: fermarsi al contenuto, la faccia di reagan su un corpo di maiale invece della madonna col bambino, è paraculo, è sfondare porte già aperte. Chiudere le gallerie d’arte e le discoteche e trasformarle in stanze-giochi per bambini, laboratori di casino, riempirli di ciclostili, cucine, letti a due piazze.
L’autogestione è un passo successivo, più avanzato rispetto alla “musica politica”. Mette la sbarra negli ingranaggi dell’accumulazione, interrompe (utilizzando macchinari, merci, soldi, locali) il ciclo produzione di merci/produzione di profitto.
Il tutto si deve calare dentro un generale attacco sociale-antagonistico come costruzione di aree liberate e difese. L’arte non può che essere veicolo di comunicazione, sapere, idee e utilizzo anti-autoritario degli oggetti (anche degli spettatori) altrimenti è merda. L’arte è soltanto una forma/pratica di antagonismo rivoluzionario altrimenti è contro di noi a prescindere dal suo contenuto più o meno progressista.
Ma questa battaglia va rivolta verso sé stessi, innanzitutto come individui, e come gruppo musicale (una ecologia della mente). Di qui la critica alle basi concettuali legate al fare musica.